Quando si fanno dei versamenti in contanti sul proprio conto bisogna fare attenzione alla cifra che si trasferisce. Infatti da un certo importo in poi possono scattare dei controlli.
Anche se tante persone utilizzano mezzi di pagamento tracciabili per effettuare i propri pagamenti (come carta di debito o di credito), molte altre preferiscono utilizzare i contanti per una questione di comodità e di sicurezza. Per questo motivo in tanti sono abituati a prelevare i soldi di cui hanno bisogno dall’ATM in banca.
Tuttavia da qui è possibile anche fare dei versamenti in contanti sul proprio conto. In questo caso però bisogna fare attenzione alla cifra che si versa. Infatti da un certo importo in poi possono scattare dei controlli del Fisco.
Quando si fanno dei versamenti in contanti sul proprio conto corrente bisogna fare attenzione a ciò che si fa, perché il Fisco potrebbe effettuare dei controlli su questa operazione. Se infatti i versamenti non sono giustificati, le cifre trasferite potrebbero essere considerate redditi non dichiarati e soggette a tassazione.
Dunque l’Agenza delle Entrate potrebbe chiedere al proprietario del conto corrente di giustificare la provenienza di quel denaro. E se l’utente non riuscirà a dare una spiegazione plausibile, allora l’Agenzia potrebbe presumere che tali somme costituiscano redditi non dichiarati. In questa circostanza il contribuente potrebbe dunque dichiarare che le somme oggetto dei versamenti sul proprio conto siano esenti da tassazione (come donazioni, risarcimento danno, vendite di beni usati o rimborsi) oppure siano già tassate alla fonte (vincite al gioco, premi, somme soggette a ritenuta d’acconto).
Per provare queste circostanze il contribuente dovrà fornire prove documentali precise ed aventi data certa. Inoltre, secondo quanto disposto dalla Corte di Cassazione la prova deve essere analitica e dettagliata. Una fattispecie di versamenti in contanti sul proprio conto può essere costituita dai giroconti, vale a dire trasferimenti di denaro tra conti intestati allo stesso contribuente. In questo caso la giurisprudenza ha definito che queste non sono operazioni imponibili, anche se fatte in contanti. Dunque è sempre bene avere una motivazione quando si fanno versamenti in contanti sul proprio conto perché l’Agenzia delle Entrate potrebbe chiedere spiegazioni entro determinati termini di decadenza.
Se il contribuente ha presentato la dichiarazione dei redditi, ma non ha dichiarato delle somme imponibili, l’Agenzia delle Entrate può procedere all’accertamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della dichiarazione (quindi fino a sei anni dal versamento). Se, invece, il contribuente non ha presentato la dichiarazione, il termine si estende al 31 dicembre del settimo anno successivo (quindi fino a otto anni dal versamento).
Se il contribuente non riesce a dare prova della provenienza lecita del denaro versato, allora l’Agenzia delle Entrate procederà con il recupero a tassazione degli importi, applicando l’aliquota IRPEF corrispondente al reddito del soggetto. Inoltre, il contribuente subirà una sanzione amministrativa pari al 70% della somma non giustificata, con un minimo di 150 euro.
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